Il referendum sull’art. 18 non si farà: la Corte Costituzionale ha dichiarato inammissibile il quesito. Tuttavia per il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, “l’inammissibilità del quesito sull’art.18 non depotenzia la valenza sociale del referendum”.
Per il sindacalista “si tratta solo di una battuta di arresto. La riconquista di un diritto fondamentale per il mondo del lavoro, per la tutela dei diritti e per la stessa attività sindacale, qual è l’articolo 18, resta ancora una strada da percorrere. Altre vie e altre forme di riappropriazione di questo diritto sono possibili, soprattutto qualora si riuscisse a formare un fronte comune tra le organizzazioni sindacali”.
Quanto al ‘via libera’ della Consulta agli altri due quesiti referendari, sulla cancellazione dei voucher e sulla reintroduzione della piena responsabilità solidale in tema di appalti, “rappresentano in ogni caso l’unica concreta possibilità che oggi abbiamo di poter cancellare una parte non irrilevante delle norme più inique introdotte dal Jobs Act del governo Renzi”.
“Una riforma – conclude il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone – che non solo ha tradito tante aspettative ma che ha reso tutto il mondo del lavoro un luogo sempre più insicuro, dal quale è diventato fin troppo facile uscire e quasi impossibile rientrare, alla luce della totale assenza di politiche attive del lavoro”.
Il referendum proposto dalla Cgil puntava ad abrogare le modifiche apportate dal Jobs Act allo Statuto dei lavoratori e a reintrodurre i limiti per i licenziamenti senza giusta causa.

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