Secondo l’Istat, a gennaio aumenta dello 0,3% su base annua, mentre in termini congiunturali i prezzi al consumo diminuiscono dello 0,2%. Perl’Ugl si registrano “effetti negativi per gli incrementi salariali e la rivalutazione delle pensioni”

Su base mensile i prezzi al consumo sono calati dello 0,2%, mentre sull’anno si registra un aumento dello 0,3%. Sono questi i dati diffusi oggi dall’Istat, che conferma la stima preliminare e parlando di “lieve rialzo” imputabile al ridimensionamento della flessione dei beni energetici non regolamentati (-5,9%, da -8,7% di dicembre) e all’inversione della tendenza dei prezzi dei servizi relativi ai trasporti (+0,5%, da -1,7% di dicembre); questa dinamica è attenuata dal rallentamento della crescita degli alimentari non lavorati (+0,6%; era +2,3% il mese precedente).
Se l’inflazione mostra una lieve ripresa, però, dieci grandi città italiane a gennaio mostrano un indice dei prezzi che oscilla tra lo zero e il segno meno. Guardando al dato annuo, secondo le tabelle diffuse dall’Istat sono a zero Milano, Firenze, Perugia, Palermo, Reggio Calabria e Ravenna, mentre sono in deflazione Bari (-0,3%), Potenza (-0,2%), Trieste (-0,2%) e Verona (-0,1%). Sul territorio restano dunque aree (Comuni capoluogo o con oltre 150 abitanti) con listini congelati o in negativo.
Anche secondo l’analisti proposta dal segretario confederale dell’Ugl, Fiovo Bitti, dietro a questi dati si nasconde qualcosa di più. Con un’inflazione “zero” o addirittura “sottozero” , infatti, si registra un duplice effetto negativo sia sui redditi dei lavoratori che dei pensionati: secondo il sindacalista, “per i primi, diventa giustificazione per i datori di lavoro per non rinnovare i contratti collettivi o per rispondere in modo negativo ad ogni richiesta di incremento salariale”. Bitti ricorda infatti alcuni esempi come “la minaccia, poi fortunatamente rientrata, di Federchimica di rivolere indietro gli aumenti stipendiali riconosciuti con il precedente rinnovo contrattuale”, così come “l’atteggiamento tenuto da Federmeccanica” e  il comportamento dello Stato “come datore di lavoro nel caso degli oltre tre milioni di dipendenti pubblici”.

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