“È condivisibile l’allarme sociale lanciato oggi dal segretario generale dell’Ocse, Angel Gurria, sul divario esistente tra il reddito dei ricchi e quello dei poveri, in qualche misura scontato, perché ce ne sono altri da tenere in considerazione e altrettanto pericolosi per la tenuta sociale nonché politica della gran parte dei Paesi monitorati dall’Organizzazione”.
A sostenerlo è Francesco Paolo Capone, segretario generale Ugl, commentando l’allarme sulla tenuta sociale lanciato oggi dall’Ocse a causa delle sempre più rilevanti differenze tra il reddito medio del 10% più ricco della popolazione nell’area Ocse, nove volte più alto, e quello del 10% più povero.
Per Capone, confrontando i dati ufficiali dell’Istat e guardando a quello che accade in Europa, “in una famiglia italiana con due figli a carico ed una sola entrata, dal 2006 al 2015 il reddito reale in Italia è calato dello 0,2%, mentre in Germania è aumentato di quasi otto percentuali. Se consideriamo le ore lavorate medie – in Germania sono 1.371, in Italia 1.725, fra i più alti in assoluto) si ha un reddito orario molto diversificato; se nel nostro Paese si assesta ad appena 14,4 euro per ora, in Germania si sale a 27, in Francia a 21, con una media sempre sopra ai 20 euro in tutti gli Stati tranne che in quelli dell’area mediterranea e nei neo comunitari”.
“Ciò vuol dire che nell’Unione europea, cioè nella maggior parte dei Paesi monitorati dall’Ocse, – conclude Capone – le disparità sono molte e dividono tra loro sensibilmente, nonché pericolosamente per l’unità dell’Europa, i ceti medi dei singoli Paesi con il paradosso che in quelli del Nord si lavora di meno e si guadagna di più, mentre in quelli del Sud si lavora di più e si guadagna di meno”.

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