“Sull’intera materia dell’accesso al capitale sociale dei lavoratori dipendenti da aziende in crisi, che è assolutamente condivisibile, pesa la mancata attuazione dell’articolo 46 della Costituzione”.
Lo ha dichiarato il segretario confederale dell’Ugl, Fiovo Bitti, in audizione presso le Commissioni X Attività produttive, commercio e turismo e XI Lavoro pubblico e privato della Camera dei deputati sulle risoluzioni Ciprini (7/01024) ed Incerti (7/01106).
“L’accesso dei lavoratori al capitale sociale delle imprese nell’ambito del fenomeno conosciuto come Workers Buy Out rappresenta l’estrema soluzione per evitare il fallimento, la perdita di posti di lavoro e la dispersione di un patrimonio acquisito nel tempo. Viceversa – ha proseguito -, l’attuazione dell’articolo 46 permetterebbe di avere uno strumento preventivo, attraverso forme di partecipazione che possono andare da una informazione rinforzata all’acquisizione di quote azionarie, passando per l’ingresso dei dipendenti e delle loro rappresentanze sindacali all’interno dei comitati di amministrazione e/o di vigilanza e controllo”.
Per il sindacalista di tratta di “un salto di qualità più volte sollecitato – questa organizzazione sindacale indica la partecipazione quale elemento fondante nel proprio Statuto ed ha promosso nelle corso delle legislature la presentazione di diverse proposte di legge – e sul quale il Parlamento è da tempo che si confronta, non riuscendo, però, a trovare una sintesi”.
Per quanto concerne i contenuti delle due risoluzioni “si reputa necessario un intervento normativo di adeguamento e riordino della legislazione vigente – ha evidenziato Bitti -, pure sotto il profilo fiscale, e un’azione di sostegno nei confronti dei lavoratori dipendenti, che devono essere accompagnati nella definizione del business plan, con evidenziazione chiara dei rischi di impresa che inevitabilmente ci sono, soprattutto se l’azienda proviene da un prolungato periodo di difficoltà”.
“Accanto al riordino della disciplina normativa – ha aggiunto -, è quindi utile l’attività, che può essere messa in campo dal Ministero dello sviluppo economico, di coinvolgimento e di sensibilizzazione delle amministrazioni interessate e delle parti sociali, al fine di superare quel gap di conoscenza che finora ha limitato l’uso dello strumento, così come prospettato nella risoluzione Incerti. L’istituzione di un tavolo tecnico, richiesta nella risoluzione Ciprini, è, pertanto, auspicabile con l’obiettivo di arrivare a delle linee guida, anche con riferimento alla definizione del business plan”.
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