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IL CESE E LA REVISIONE INTERMEDIA DELLA POLITICA DI COESIONE
Nel corso dell’ultima Sessione Plenaria del Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE), tenutasi a Bruxelles nel mese di Aprile, si è svolto un interessante dibattito sulla “Revisione intermedia della politica di coesione” che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del Vicepresidente esecutivo della Commissione Europea per la coesione e le riforme, Raffaele Fitto. La politica di coesione è la principale politica di investimento dell’Unione Europea; essa offre vantaggi a tutte le regioni e città della UE, sostenendo la crescita economica, la creazione di posti di lavoro, la competitività delle imprese, lo sviluppo sostenibile e la protezione dell’ambiente. Il Consigliere Luigi Ulgiati, intervenuto in merito, ha così dichiarato: “Alla luce degli importanti mutamenti in essere che caratterizzano lo scenario geopolitico diviene sempre più indispensabile una revisione di medio termine della politica di coesione. È inoltre altrettanto fondamentale agire sul prossimo quadro finanziario pluriennale. Prima la pandemia, poi le guerre, ora i dazi, sono tutti avvenimenti che hanno completamente modificato le prospettive che l’Europa deve affrontare ed occorre, dunque, oggi più che mai, tenere conto delle nuove criticità legate alla dipendenza energetica, ai costi delle materie prime, all’approvvigionamento delle terre rare”. Per l’esponente del Cese bisogna quindi ripensare la politica strategica dell’Europa, considerando le nuove necessità, favorendo la competitività delle imprese italiane, l’occupazione, la difesa del Continente e valutando anche le disparità economiche esistenti nei vari territori. L’augurio, espresso dal Consigliere Ulgiati, è quello che possa realizzarsi una nuova visione dell’Europa, al passo con i tempi ed in grado di dare risposte concrete ai propri cittadini.

L’UNIONE EUROPEA ED I PENSIONATI-LAVORATORI
Secondo una recente indagine di Eurostat – l’Ufficio Statistico dell’Unione Europea – in merito ai dati relativi al 2023 sulla forza lavoro nei 27 Stati Membri, lavorare dopo il pensionamento è una realtà sempre più diffusa nell’Unione Europea, una condizione che vale praticamente per tutti i Paesi membri, in cui uomini e donne continuano ad esercitare una professione dopo aver raggiunto la pensione. Si tratta per la maggior parte di lavoratori autonomi, quindi lavoratori in proprio, liberi professionisti, imprenditori, soggetti, dunque, che svolgono un’attività con ampia autonomia decisionale, oppure sono responsabili di un esercizio commerciale o di un’impresa della quale sono proprietari. Lo studio non spiega, tuttavia, per quale motivo chi potrebbe godersi il diritto alla pensione continua invece a lavorare. Per qualcuno potrebbe trattarsi di passione per la propria occupazione, per altri però potrebbero esserci necessità economiche, legate ad una situazione previdenziale non ottimale, dovuta all’assenza di contratti tipici. Tra i Paesi Ue, la percentuale di pensionati autonomi che hanno continuato a lavorare, oppure sono rientrati nel mercato del lavoro, è stata più alta in Svezia (98,4%), Finlandia (88,0%) ed Irlanda (87,7%), mentre all’estremo opposto, è stata la più bassa in Spagna (18,2%), Grecia (20,3%) e Slovenia (40,4%). In termini assoluti però l’Italia è al primo posto per numero di persone uscite dal mercato del lavoro, senza tuttavia mai abbandonarlo davvero. Sono infatti circa 394.500 le persone che rinunciano al diritto di non lavorare più, per continuare invece a farlo. Sempre nel 2023, il 10,2% dei pensionati di età compresa tra i 50 ed i 74 anni risultava ancora occupato, con un dato significativo riguardo alla modalità di impiego: il 57% di loro lavorava part-time, una percentuale nettamente superiore rispetto al 16,2% registrato tra i lavoratori non pensionati. L’impiego part-time tra i pensionati è una tendenza diffusa in tutti gli Stati membri, ma con evidenti differenze. La Croazia detiene il primato con la quota più alta di pensionati di vecchiaia occupati a tempo parziale, pari all’89,4%, seguita dalla Svezia (79,2%) e dal Belgio (78,0%). La Croazia, inoltre, mostra anche il maggior divario rispetto ai non pensionati, con una differenza di 86 punti percentuali. Al contrario, la Bulgaria registra le quote più basse di occupazione part-time tra i pensionati (9,2%) ed i non pensionati (1,2%), davanti a Lituania (19,0%) e Lettonia (23,2%). Un dato curioso, infine, giunge dai Paesi Bassi che, pur avendo la più alta incidenza di lavoro part-time in assoluto, evidenziano il minore scarto tra pensionati (57,8%) e non pensionati (39,4%), a testimonianza di una cultura lavorativa più flessibile e diffusa trasversalmente tra le varie fasce di età.

EN:
THE EESC AND THE MID-TERM REVIEW OF COHESION POLICY
During the latest Plenary Session of the European Economic and Social Committee (EESC), held in Brussels in April, an interesting debate on the “Mid-term review of cohesion policy” took place with the participation, among others, of the European Commission’s Executive Vice-President for Cohesion and Reform, Raffaele Fitto. Cohesion policy is the European Union’s main investment policy; it benefits all EU regions and cities by supporting economic growth, job creation, business competitiveness, sustainable development and environmental protection. Councillor Luigi Ulgiati, who spoke on the subject, said: «In the light of the major changes taking place in the geopolitical scenario, a mid-term review of cohesion policy is becoming increasingly essential. It is also crucial to act on the next multiannual financial framework. First the pandemic, then the wars, now the tariffs, these are all events that have completely changed the prospects that Europe has to face and it is therefore necessary, today more than ever, to take into account the new critical issues related to energy dependence, the cost of raw materials, and the supply of rare earths». For the EESC representative, Europe’s strategic policy must therefore be rethought, considering the new needs, favouring the competitiveness of Italian companies, employment, the defence of the Continent, and also evaluating the economic disparities that exist in the various territories. The wish, expressed by Councillor Ulgiati, is that a new vision of Europe, in step with the times and able to give concrete answers to its citizens, may be realised.

THE EUROPEAN UNION AND THE PENSIONERS-WORKERS
According to a recent survey by Eurostat – the Statistical Office of the European Union – regarding the 2023 data on the workforce in the 27 Member States, working after retirement is an increasingly widespread reality in the European Union, a condition that applies to practically all Member States, where men and women continue to exercise a profession after reaching retirement. Most of them are self-employed, i.e. self-employed workers, freelancers, entrepreneurs, subjects, therefore, who carry out an activity with a large degree of decision-making autonomy or are in charge of a trade or business they own. The study does not explain, however, why those who could enjoy the right to a pension continue to work instead. For some it might be passion for their occupation, for others it might be economic necessity, linked to a sub-optimal social security situation due to the absence of typical contracts. Among the EU Countries, the percentage of self-employed pensioners who continued working, or returned to the labour market, was highest in Sweden (98.4%), Finland (88.0%) and Ireland (87.7%), while at the other extreme, it was lowest in Spain (18.2%), Greece (20.3%) and Slovenia (40.4%). In absolute terms, however, Italy ranks first in terms of the number of people exiting the labour market, without ever really leaving it. There are in fact about 394,500 people who renounce the right to stop working, to continue doing so instead. Also in 2023, 10.2% of pensioners aged between 50 and 74 were still employed, with a significant figure regarding the mode of employment: 57% of them worked part-time, a much higher percentage than the 16.2% recorded among non-pensioners. Part-time employment among pensioners is a widespread trend in all Member States, but with clear differences. Croatia holds the record with the highest share of old age pensioners employed part-time, at 89.4%, followed by Sweden (79.2%) and Belgium (78.0%). Croatia also shows the largest gap with non-pensioners, with a difference of 86 percentage points. In contrast, Bulgaria records the lowest shares of part-time employment among pensioners (9.2%) and non-pensioners (1.2%), ahead of Lithuania (19.0%) and Latvia (23.2%). A curious fact, finally, comes from the Netherlands which, despite having the highest incidence of part-time work in absolute terms, shows the smallest gap between pensioners (57.8%) and non-pensioners (39.4%), testifying to a more flexible working culture across the various age groups.

 

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