IL CESE TRA PACE E CAMBIAMENTI CLIMATICI
Viviamo in un’epoca in cui il nesso tra politica climatica e politica di sicurezza sta diventando sempre più importante. L’Unione Europea deve adottare una strategia globale ed integrata per affrontare le crescenti interconnessioni tra cambiamenti climatici, rischi per la salute e sicurezza, governance globale, ponendosi come leader credibile e resiliente nella diplomazia climatica globale, in un contesto, peraltro, di progressivo disimpegno degli Stati Uniti. Il CESE (Comitato Economico e Sociale Europeo) nel Parere REX/599 sull’interdipendenza tra pace e cambiamenti climatici, adottato durante la Sessione Plenaria di Luglio, ritiene indispensabile che le politiche in materia di clima e di sicurezza non siano più affrontate in maniera separata, ma considerate come elementi che si rafforzano reciprocamente per un futuro sostenibile e pacifico. Del resto, l’obiettivo principale del progetto europeo consiste proprio nel promuovere e preservare la pace, i diritti umani e la democrazia. Solo tramite un approccio integrato l’Unione Europea potrà mantenere la propria credibilità e leadership in un mondo che si trova ad affrontare la duplice minaccia degli sconvolgimenti climatici e dell’instabilità geopolitica. Il CESE evidenzia il legame indissolubile tra cambiamenti climatici e stabilità a livello mondiale, perché l’aumento delle temperature, i fenomeni meteorologici estremi e la scarsità di risorse non sono soltanto preoccupazioni ambientali, ma anche importanti fattori che accelerano i conflitti. Allo scopo di salvaguardare la pace occorre riconoscere, dunque, che l’azione per il clima è un elemento fondamentale della politica di sicurezza, affinché la resilienza ai cambiamenti climatici possa essere integrata con gli sforzi di costruzione e mantenimento della pace. Per il Consigliere Ulgiati “i cambiamenti climatici costituiscono sempre più una delle cause principali dell’insicurezza globale, in quanto aggravano le vulnerabilità esistenti, concorrono agli sfollamenti forzati ed accrescono la concorrenza nel reperire risorse già scarse. L’Unione Europea deve quindi rafforzare le proprie risposte diplomatiche ed istituzionali, al fine di affrontare gli effetti dei cambiamenti climatici sulla pace e la stabilità, soprattutto nel nuovo ordine geopolitico”.
BCE E L’ALLARME OCCUPAZIONE NELL’EUROZONA
Un dossier pubblicato di recente dalla Banca Centrale Europea (BCE) avverte dei pericoli legati all’aumento delle importazioni dalla Cina, che attualmente riguardano soprattutto i settori automobilistico e chimico, ma le cui implicazioni più ampie potrebbero estendersi a quasi un terzo dell’occupazione nell’eurozona. Le tensioni commerciali con gli Stati Uniti portano infatti la Cina ad esportare di più nell’area dell’euro provocando potenziali ricadute occupazionali negative, con minori offerte di lavoro per gli Europei e quindi maggiore disoccupazione. La questione non è nuova, dato che finora la tendenza ha dimostrato come una maggiore presenza e concorrenza cinese produce alterazioni nel mondo del lavoro europeo. «I settori che affrontano una concorrenza più grande da parte della Cina hanno registrato un calo superiore nelle offerte di lavoro pubblicate, un segnale di domanda di manodopera più debole» evidenziano i tecnici della Bce. Tra il 2019 ed il 2024 la domanda di forza lavoro nel settore dei veicoli è diminuita del 55%, si sottolinea nella pubblicazione, mentre la riduzione nel comparto dell’industria chimica è stata intorno al 95%. Il dato preoccupa in prospettiva, poiché si teme che la guerra dei dazi innescata dall’Amministrazione Trump possa spingere il “Paese del Dragone” ancora di più verso l’Unione Europea e la sua eurozona, mettendo sotto stress il mercato del lavoro europeo. La crescente competitività delle esportazioni cinesi pone dunque sfide importanti per l’area dell’euro, ed il sistema Europa deve iniziare a prepararsi, con le aziende che debbono adeguarsi ad un contesto globale sempre più competitivo. La Bce, tuttavia, segnala che nel lungo periodo l’occupazione totale, in seguito agli shock commerciali, potrebbe non cambiare di molto, poiché l’economia si adatta tramite variazioni salariali e spostamenti dei lavoratori tra i settori.
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THE EESC BETWEEN PEACE AND CLIMATE CHANGE
We live in an age in which the link between climate policy and security policy is becoming increasingly important. The European Union must adopt a comprehensive and integrated strategy to address the growing interconnections between climate change, health and security risks, and global governance, positioning itself as a credible and resilient leader in global climate diplomacy, in a context of progressive disengagement by the United States. In its Opinion REX/599 on the interdependence between peace and climate change, adopted during its July Plenary Session, the EESC (European Economic and Social Committee) considers it essential that climate and security policies are no longer addressed separately, but are seen as mutually reinforcing elements for a sustainable and peaceful future. After all, the main objective of the European project is precisely to promote and preserve peace, human rights and democracy. Only through an integrated approach can the European Union maintain its credibility and leadership in a world facing the dual threat of climate disruption and geopolitical instability. The EESC highlights the inextricable link between climate change and global stability, because rising temperatures, extreme weather events and resource scarcity are not just environmental concerns but also important factors that accelerate conflicts. In order to safeguard peace, it is therefore necessary to recognise that climate action is a fundamental element of security policy, so that resilience to climate change can be integrated with peace-building and peace-keeping efforts. For Councillor Ulgiati, “climate change is increasingly one of the main causes of global insecurity, as it exacerbates existing vulnerabilities, contributes to forced displacement and increases competition for already scarce resources. The European Union must therefore strengthen its diplomatic and institutional responses in order to address the effects of climate change on peace and stability, especially in the new geopolitical order”.
ECB AND THE EMPLOYMENT ALARM IN THE EUROZONE
A dossier recently published by the European Central Bank (ECB) warns of the dangers associated with the increase in imports from China, which currently mainly affect the automotive and chemical sectors, but whose broader implications could extend to almost a third of employment in the eurozone. Trade tensions with the United States are leading China to export more to the eurozone, causing potential negative employment repercussions, with fewer job offers for Europeans and therefore higher unemployment. The issue is not new, as the trend so far has shown that greater Chinese presence and competition is causing changes in the European labour market. «Sectors facing greater competition from China have seen a greater decline in job vacancies, a sign of weaker labour demand», highlight ECB technicians. Between 2019 and 2024, demand for labour in the vehicle sector fell by 55%, the publication points out, while the reduction in the chemical industry was around 95%. This data is worrying for the future, as there are fears that the tariff war triggered by the Trump Administration could push China even further towards the European Union and its eurozone, putting pressure on the European labour market. The growing competitiveness of Chinese exports therefore poses significant challenges for the euro area, and the European system must begin to prepare itself, with companies having to adapt to an increasingly competitive global environment. However, the ECB reports that in the long term, total employment may not change significantly as a result of trade shocks, as the economy adapts through wage changes and worker shifts between sectors.
UGL NEWS dall'EUROPA n. 138 dell'8 Agosto 2025EN - UGL NEWS from EUROPE n. 138 - 8th of August 2025 -