“Almeno un decennio di sacrifici buttati al vento”.
È questa per il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, “l’amara conclusione a cui si può giungere di fronte all’ennesimo record del debito pubblico, arrivato a quota 2.278 miliardi, salito nei primi sette mesi del 2017 di 106 miliardi”.
Per il sindacalista “in nome dell’equilibrio dei conti pubblici, quale unica panacea dei mali di uno Stato ‘troppo presente’, è stato sacrificato tutto e abbiamo assistito a continui tagli lineari della spesa pubblica, al congelamento degli investimenti pubblici, nonché dei contratti di lavoro nella Pa, riforme ‘lacrime e sangue’. La riduzione della presenza dello Stato è più che mai visibile nella Sanità, nella Scuola e nei servizi. Nonostante ciò, le amministrazioni centrali continuano a produrre debito”.
“Si dirà – conclude Capone – che la responsabilità è di coloro che non hanno saputo o non hanno voluto tagliare come si sarebbe dovuto fare, ma resta il fatto che a milioni di cittadini italiani sono stati imposti enormi sacrifici a fronte di nulla, anzi a fronte di uno Stato sempre più distante e inefficiente”.