“Recuperare l’articolato originario del decreto legislativo n. 276 del 2003; ridefinire il campo di applicazione, le categorie di persone coinvolte e la soglia massima di reddito; inserire, fra i dati da comunicare, anche il perché del ricorso al lavoro accessorio; rafforzare gli obblighi informativi e formativi in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro: sono questi gli obiettivi minimi per porre un limite al ricorso abnorme al lavoro accessorio, altrimenti è meglio sopprimere direttamente questo strumento”.
Lo ha detto, nel corso dell’audizione delle Organizzazioni sindacali confederali presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati sulle proposte di legge in materia di lavoro accessorio, il segretario confederale dell’Ugl, Fiovo Bitti, il quale ha aggiunto: “I correttivi apportati con il decreto legislativo n. 185 del 2016 non sono tali da rispondere in maniera puntuale alle osservazioni già formulate durante l’audizione parlamentare del maggio scorso”.
“Una maggiore certezza sul corretto impiego dello strumento – ha proseguito – si avrebbe spostando il criterio dell’occasionalità dal prestatore d’opera al committente, in quanto i buoni vengono utilizzati anche per retribuire delle prestazioni che per il committente non sono occasionali, ma rappresentano spesso l’attività principale”.
“Le proposte di legge bipartisan depositate in Parlamento, pur con delle differenze fra loro – ha concluso -, presentano comunque degli spunti utili ed interessanti, sui quali il Parlamento può lavorare per trovare una posizione condivisa che ponga al centro il lavoratore”.

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