È la prima volta in assoluto nella storia del mondo sindacale che si fa un Primo Maggio come il nostro e questa è una vera novità di cui tutti dobbiamo andare fieri. Rappresenta però non una novità per la novità, ma il gusto di fare le cose giuste.

Date le restrizioni, in piazza non potevamo organizzare un vero evento e quindi abbiamo deciso che a Milano, nella tappa finale del nostro Tour verso il Primo Maggio, invece di portare tantissime persone, le dieci-dodici mila che in genere l’Ugl porta in piazza, allora avremmo portato le nostre idee e soprattutto la voce di tutti coloro che abbiamo incontrato lungo il nostro cammino.

Nel corso del nostro viaggio, lungo 7 mila chilometri, abbiamo realizzato una “fotografia in movimento” dell’Italia, come in movimento è il nostro sindacato, e che testimonia plasticamente lo stato d’animo del lavoro oggi in Italia. Le speranze, le istanze, le preoccupazioni di chi sta lavorando e di chi vorrebbe lavorare.

Con il lock down si è fermato l’entusiasmo di un intero Paese che vorrebbe e soprattutto dovrebbe ripartire. In ogni piazza, delle 32 che abbiamo attraversato, dal nostro palco abbiamo rappresentato sia la situazione peculiare di ogni singolo territorio sia tanti importanti temi: la sicurezza sul lavoro, il Mezzogiorno, la Sanità, la transizione tecnologica, l’economia Green, il Turismo e il Made in Italy.

E lo abbiamo fatto in maniera dettagliata, andando direttamente dove i fatti accadono. Dove oggi i nostri “competitor”, Cgil e Cisl, sono andati a celebrare il loro 1° maggio, noi con il nostro Tour ci siamo già passati: alle acciaierie di Terni e nello stabilimento Amazon di Piacenza.

Proprio lì, davanti alla sede di Castel San Giovanni, abbiamo raccontato la storia e il paradosso di un colosso tecnologico dell’e-commerce, che paga le tasse altrove, e dei contratti di lavoro talmente vecchi nella loro concezione, da lasciare i lavoratori di Amazon e i loro diritti molti passi indietro.

Il percorso che abbiamo tracciato ha raccontato il sentimento che c’è nel Paese: abbiamo incontrato presidenti di Regione e Sindaci, Assessori, amministratori locali di qualsiasi colore politico e li abbiamo fatti parlare dal nostro piccolo ma ormai storico palco.

Per comprendere meglio le polemiche di questi giorni nei nostri confronti, dobbiamo essere consapevoli del fatto che c’è sempre stata e adesso c’è, ancora di più, con più forza, un’azione sindacale che la nostra Organizzazione sta portando avanti. Proprio adesso.

Noi dell’UGL stiamo portando avanti contratti di lavoro, tesi sul lavoro e  un nuovo modello di lavoro che guardano al futuro. La partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese è il nostro più antico cavallo di battaglia e ancora oggi è avanguardia in Italia, un modello nuovo che porta frutti sia al capitale sia al lavoro. C’è bisogno di questo adesso nel Paese.

E non dobbiamo guardare soltanto avanti, dobbiamo guardare in alto. Abbiamo fatto un comizio sotto il nuovo Ponte di Genova perché, dopo il suo crollo, nessuno era pronto a credere sarebbe stato ricostruito in poco tempo, come poi in realtà è accaduto.

Un ponte che collega un’isola ad un continente è un valore: su questo ci siamo confrontati a Messina. Così come ci siamo resi conto e abbiamo fatto capire che i problemi dell’acciaio si risolvono con un tavolo nazionale, dove non si parli soltanto dell’Ilva di Taranto – e ovviamente di salute e di sicurezza – ma di Piombino, di Terni e di Genova e della volontà di produrre realmente acciaio, anche perché quello che si produce in Italia è di qualità superiore agli altri.

Abbiamo raccolto la preoccupazione di intere filiere. Quando si parla dei 900 mila, dobbiamo sapere che quei disoccupati, in un momento in cui non si può licenziare, erano dipendenti di aziende che hanno chiuso nonostante potessero usufruire degli ammorzatori sociali. Sono piccole e medie aziende del turismo, della ristorazione, dei servizi e le abbiamo perse.

Abbiamo un altro importante problema: l’impoverimento dei lavoratori. Noi lo avevamo già capito da tempo e abbiamo fatto fare uno studio al Censis: ebbene, sono 1 milione e mezzo di nuovi poveri e non perché non abbiano lavoro ma perché un lavoro ce l’hanno. Un fenomeno che non riguarda solo le partite Iva e gli operai, ma anche i quadri. La retribuzione oraria è bassa e si lavorano in alcuni casi troppe poche ore.

C’è un problema di retribuzioni nel nostro Paese che va reclamato e risolto. In un mercato libero dove troppo liberamente si muovono merci e capitale, l’unica cosa che non si muove più sono i diritti. Per uscire da questa situazione, l’unica possibilità è produrre merito e l’unico modo per farlo è attraverso il modello della partecipazione, perché quando un lavoratore è coinvolto nella gestione dell’impresa produce meglio. Che bisogna fare questo scatto se n’è accorto persino il segretario del PD, Enrico Letta, il quale non è ideologicamente vicino a noi. E’ questo il momento della nostra grande battaglia.

Ma è anche necessaria una campagna vaccinale massiva, che dopo tanto annunci finalmente riesca a decollare. Occorre rinnovare la fiducia degli italiani nelle istituzioni e nel futuro, perché adesso manca. Tant’è vero che tutti quelli che oggi ancora possono contare su uno stipendio pieno stanno risparmiando sempre di più. Un “paradosso” rivelato da Bankitalia che ha prodotto circa 75 miliardi di euro di risparmi e sono risparmi non di ricchi, non di aziende, ma di lavoratori.

Se quei soldi stanno fermi, è perché le restrizioni, il lockdown, lo smartworking e la paura del futuro inducono a tener fermi i soldi e nel frattempo interi settori, soprattutto nei servizi, continuano a sprofondare. Ciò significa che la fiducia serve prima e più del Recovery Plan, anche perché il Recovery Plan non arriva domani mattina. Un Paese, che si sta impoverendo a causa del lavoro e che ha paura del futuro, non può riuscire a partire.

Su questo siamo non solo attenti osservatori, ma pungolatori. Lo abbiamo fatto con il Conte bis e lo stiamo facendo anche con il Governo Draghi. Noi da qui, da questa piazza, oggi prendiamo davanti a voi e agli italiani l’impegno a trasformare il nostro hashtag #ilsindacatoinmovimento in #l’Italiainmovimento. Questa sarà la nostra battaglia per tutto l’anno prossimo. Buon primo maggio!

 

 

 

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