Oggi audizione parti sociali in Senato
“La quarta rivoluzione industriale è destinata ad avere un impatto molto significativo sulla quantità e sulla qualità dei posti di lavoro, con ricadute in termini sociali ed economici, al momento non valutabili nella loro complessità”.
Lo ha detto il segretario confederale dell’Ugl, Fiovo Bitti, nel corso dell’audizione delle parti sociali presso la Commissione Lavoro del Senato, sull’impatto sul mercato del lavoro della quarta rivoluzione industriale, il cui “effetto positivo o, viceversa, negativo – prosegue – dipende da una serie di fattori diversi, come condizioni macroeconomiche, politiche di redistribuzione nazionali e comunitarie, investimenti, riqualificazione professionale, relazioni industriali”. Presenti anche il segretario confederale dell’Ugl, Mario Carnevale, e il segretario nazionale dell’Ugl Chimici, Luigi Ulgiati.
“L’innovazione tecnologica, di per sé neutra, potrebbe portare ad una riduzione dell’occupazione nella manifattura, per effetto delle innovazioni di processo, e il taglio nei posti di lavoro potrebbe essere, verosimilmente, verticale, con meno lavoratori a fare lo stesso lavoro, più che orizzontale, con esclusione delle basse qualificazioni a vantaggio delle alte professionalità, come dimostra il caso di professionalità altamente qualificate licenziate da grandi multinazionali. Invece, potrebbe esserci un incremento degli occupati nei servizi, grazie all’economia delle piattaforme”.
“Con riferimento alla qualità – continua -, si osserva un rischio di precarizzazione dei rapporti di lavoro nella manifattura, a causa dello stretto collegamento fra domanda ed offerta di prodotti e, nel caso italiano, per l’adozione di strumenti contrattuali, come il contratto a tutele crescenti e il lavoro a chiamata, meno stabili e soprattutto in assenza o in carenza di politiche attive, ed una certezza di precarizzazione nei servizi, con lavori saltuari e poco remunerati”.
“Inoltre, solo nel tempo si potrà verificare se gli effetti positivi dell’innovazione tecnologica sull’ergonomia dei posti di lavoro avranno bilanciato alcuni aspetti centrali, quali l’impiego di lavoratori con alte professionalità in mansioni non coerenti con il titolo di studi conseguito, l’alienazione del lavoratore a causa della completa automazione del processo produttivo, l’individuazione di ritmi complessi da sostenere e il collegamento fra tali ritmi, il riconoscimento economico della performance e un controllo sempre più insistente e pervasivo sul lavoratore”.
“In definitiva, il rischio maggiore da evitare è quello di una riduzione e di una dequalificazione dei posti di lavoro, sia sotto il profilo delle competenze che per quanto attiene al reddito; conseguentemente, è necessaria una governance del fenomeno a livello comunitario – conclude -, nazionale e di settore produttivo, con il coinvolgimento attivo delle parti sociali, attraverso l’adozione di relazioni industriali partecipative”.

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