“Una meritoria inchiesta che fa luce non solo sul fenomeno delle morti bianche ma anche sull’economia in nero di cui non si parla e non si discute più, anche perché in merito le statistiche sono scarse e non fanno notizia”.
Lo dichiara il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, commentando l’inchiesta pubblicata oggi dal quotidiano La Repubblica sui caduti sul lavoro non registrati dalle statistiche dell’Inail perché irregolari e ricordando “i dati Istat secondo i quali è l’economia sommersa l’unico settore che non ha conosciuto la recessione. Un ‘mondo’ che complessivamente produce ricchezza intorno ai 206,4 miliardi di euro, pari al 12,9% del Pil”.
Per Capone “purtroppo la crisi da una parte e la legislazione sul lavoro, sempre più inadeguata e di stampo liberista, da un’altra, hanno portato acqua al mulino del sommerso, il quale è indirettamente nutrito anche dalla inadeguatezza, a causa delle scarse risorse in termini di uomini e mezzi, dei controlli istituzionali. Gli ingenti tagli fatti in questi anni allo Stato hanno reso più insicuro il Paese, mentre la retorica sui fannulloni ha reso quasi invisibili e dunque più accettabili le perdite subite dall’Italia e da tutti in Paesi europei in termini di Sicurezza”.
“Di fronte ad una tassazione insostenibile, ad un lavoro ‘ufficiale’ sempre più precario e alla dilagante disoccupazione, per molti aspiranti lavoratori, giovani e meno giovani, il lavoro nero è diventato ancora più ‘allettante’, senza considerare quanto si perde in termini di diritti, garanzie e tutele, requisiti essenziali non sempre monetizzabili. Ma d’altronde – conclude Capone – anche nell’economia alla luce del sole si continua a riscontrare una grande disattenzione verso la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro sia da parte dei datori di lavoro sia da parte dei lavoratori e, ciò che è peggio, delle istituzioni”.
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