Istantanea del segretario generale dell'Ugl, Francesco Paolo Capone, mentre conclude il dibattito su Industria 4.0 organizzato dall'Ugl Chimici

Istantanea del segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, mentre conclude il dibattito su Industria 4.0 organizzato dall’Ugl Chimici

“I dati sulla povertà contengono già le soluzioni per sconfiggerla e che l’Ugl indica da anni: una vera politica dei redditi, politiche attive del lavoro e una rivoluzione del sistema fiscale con l’introduzione del quoziente familiare”.
Lo dichiara il segretario generale dell’Ugl, Francesco Paolo Capone, alla luce delle rilevazioni odierne dell’Istat, sottolineando “l’evidente e bruciante sconfitta delle politiche portate avanti fino ad oggi sia dall’Europa sia dai governi nazionali”.
Per Capone “è paradossale per un paese civile che, nelle famiglie in cui la persona di riferimento è un operaio, l’incidenza della povertà assoluta risulti doppia (12,6%) rispetto a quella delle famiglie nel complesso (6,3%), superiore addirittura a quelle in cui la persona di riferimento si è ritirata dal lavoro (3,7%). A ciò si risponde con una seria politica dei redditi, falcidiati da anni di miope lotta alla crescita dell’inflazione attraverso la moderazione salariale, tant’è che oggi combattiamo la deflazione, e con contratti di lavoro rinnovati alla scadenza purché non siano rinnovi a perdere. Servono anche investimenti nelle politiche attive del lavoro e nella politica industriale”.
“Il netto balzo in avanti nel 2016 dell’incidenza della povertà assoluta nelle famiglie con tre o più figli minori – sottolinea – è una chiara conseguenza di inefficaci politiche rivolte alla famiglia e al contrasto della denatalità. Se fino in Italia avessimo adottato il quoziente familiare, non ci troveremmo di fronte al balzo in avanti, 26,8% del 2016 dal 18,3% dell’anno precedente, della povertà assoluta nelle famiglie numerose”.
“È questo il risultato – conclude Capone – da una parte del cieco rigore inseguito dalle politiche europee votate solo alla quadratura dei conti pubblici e dall’altra dell’incapacità e dell’assenza di visione dei governi nazionali, incapaci di investire laddove era necessario e di saper sfruttare le occasioni che l’Europa poteva e può ancora offrire”.

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